|
DA UNA CONFERENZA DI PIERRE
RESTANY
E’ un colpo di cuore che ho avuto per l'opera di Nicola Vitale,
per il suo linguaggio visivo, che vedo con grande piacere: una visione
che potrei dire quasi appetitosa. Vitale mi dà un senso di piacere
molto legato alla struttura stessa della mia personalità. Scusatemi
se faccio un discorso molto personale e molto personalizzato, ma
questa è veramente la verità del mio approccio a questo pittore-poeta
o poeta-pittore. La cosa che mi rende l'iconografia di Vitale molto
vicina al cuore e alla mente è questa dimensione specifica che ritengo
fondamentalmente letteraria; letteraria nel senso bello della parola,
nel senso quasi strutturale. Le sue immagini sono delle metafore,
sempre presenti nella sua insistenza, che può essere considerata
addirittura come una specie di Pop, ogni tanto un po' fantastico,
ogni tanto un po' ingenuo. Vedo proprio in questo vocabolario del
linguaggio di Vitale tutti gli ingredienti logici della metafora,
è difficile dunque per me individuare le sue immagini come puri
e semplici fatti visivi. Ho in mente un quadro che rappresenta un
paesaggio di neve, che sembra attraverso l'insistenza, il peso stesso
della neve, come una caricatura ingenua di un paesaggio sopraffatto
dagli elementi. La presenza della neve raggiunge uno stadio quasi
concettuale, e l'elemento neve è l'elemento vivo protagonista della
vicenda. E' sempre in questa dimensione di una disponibilità mitica
che risiede la forza interna dell'elemento visivo; e credo che questo
sia veramente il carattere specifico dell'artista. Lo vedo male
senza la sua cultura e la sua sensibilità letteraria, lo vedo male
dipingere solo per il puro piacere di dipingere. Dunque dietro l'ingenuità,
dietro la simbologia, ogni tanto sottolineata con forza, con un
relativo eccesso, dietro questo abuso visivo, esiste tutto un ritmo,
tutto uno sfogo di tipo veramente letterario: queste immagini sono
scritte, in un certo senso, anche quando sembrano totalmente liberate
a livello dello sfogo pittorico. Ma Nicola Vitale ha cercato nella
pittura, nel materiale pittorico un elemento espressivo che non
trovava nelle parole. E questa dimensione di super espressività
della pittura credo sia proprio la cosa che lo affascina, e gli
dà veramente la vocazione pittorica. E' solo forzando la pittura
che lui può arrivare a questa dimensione un po’ abusiva, ma forte,
sana e robusta dell'immagine. Forse usando il linguaggio delle parole
Nicola Vitale è riuscito ad arrivare in altro modo alla concentrazione
estrema della sua energia interna, ma aveva bisogno della pittura
per approdare a questa forzatura, che è bella perché è vera, non
è una forzatura forzata è una forzatura spontanea, viene come un
desiderio forte, irresistibile, irrefragabile, e questo mi dà il
perché della sua vocazione pittorica. Molti pittori che sono solo
pittori non cercano nella pittura questo tipo di super ego; è certamente
la formazione culturale, il così detto 'progetto culturale' che
dà a Vitale questa volontà tremenda di forzare l'immagine; e questa
forzatura è bella perché è percepita da noi come autentica, come
un fatto di natura più vero per esser più vero ancora, e non per
cercare la provocazione. Capisco perché Nicola aveva veramente bisogno
della pittura. Credo dunque che questo sia il suo destino, di fare
per noi e per il nostro piacere, un racconto perpetuo; raccontare
dei miti-aneddoti che diventano delle metafore. E' un linguaggio
metaforico che Vitale ha saputo trattare con una spontaneità, con
una immediatezza, che fa parte anche della sua autenticità. Guai
se seguendo la falsariga dei surrealisti, Vitale avesse voluto fare
della bella pittura, della pittura simbolica e letteraria nel senso
abusivo della parola; no, il suo discorso è quotidiano, ed è proprio
nel quotidiano che lui trova la favola, e attraverso la favola,
la metafora. Vedo dunque una logica interna fortissima nel fare
questo tipo di racconti, nel costruire con una sintesi - molto vernacolare
forse, ma presente e viva - le sue immagini. E' un racconto del
quotidiano e come in tutti i racconti veri, esiste la favola, esiste
il mistero, esiste la metamorfosi del quotidiano a partire dai fatti
di tutti i giorni; e questo credo che rimanga ancora una volta il
dono, il regalo che la provvidenza avrà ispirato a Vitale. Spero
che la sua cultura letteraria non tenterà mai di affogare in lui
questa visione ispirata della realtà, sorgente dei più bei sogni,
e virtualità, onnipresenza di gioia visiva e di una specie di sensibilità
leggermente surreale che dà alla vita un contenuto sempre più bello.
Vorrei terminare su questa dimensione ottimista che mi suggerisce
il discorso di Vitale; Vitale è un poeta che si potrebbe chiamare
"cortese", nel senso dell'amore cortese, è un pittore che ha saputo
mantenere in lui questa ingenuità basica senza la quale non esiste
la poesia. Nel mondo di oggi il suo esempio prende un valore mentale,
sentimentale e umano di grande rilievo, e questa è proprio la mia
testimonianza. Grazie Vitale di farci sognare a partire dalla dimensione
la più pratica, la più immediata del quotidiano.
|
|